A fine ottocento
Giovanni Schiapparelli, direttore
dell’osservatorio astronomico di Brera fu artefice di numerosi studi su Marte.
A causa dei limiti della strumentazione
ottocentesca e per un fenomeno ottico , il buon Schiapparelli,
in perfetta buona fede e perizia scientifica, vide la superficie del
pianeta rosso solcata da linee che si
incrociavano fra loro, linee che lui definì “canali”.
Tutto nacque proprio dal termine “canale” parola che faceva
appunto pensare a qualche provetto ingegnere marziano e quindi a una vita
intelligente su Marte. La discussione si aprì intensa e articolata in ben 3 tomi dal 1893 al 1909. Toccò
poi allo statunitense Percival Lowell, riprendendo Schiapparelli , a dare fiato alle trombe in
contesto internazionale.
La cosa poi
si chiarì e la scienza con la luce della ragione respinse l’invasione dei marziani dai libri di astronomia,
ma questi oramai avevano occupato
l’immaginario popolare e nessuno da lì avrebbe più scacciati.
In epoca moderna fu
forse questa la prima volta che Milano
fece sognare il mondo globale, prima ancora della moda e delle modelle,
dei designer, del Milan e dell’Inter.
Ma non solo Marte, il volo fu il sogno collettivo della prima metà
del 900. Fu voglia di evasione? Problemi di traffico? Necessità di conciliare
vita e lavoro con spostamenti rapidi? Non si sa , ma il fatto rimane che la
prima donna italiana, e l’ottava nel mondo, a volare fu proprio milanese.
E proprio quella dell’immaginazione, del sogno, della
fantasia , rimane probabilmente la cifra milanese un po’ sottotono oggi,
occultata dalla finanza, dallo spread, dai
mercati globali, dalla Milano del fare, dalla Milano da bere. Chi mai
definirebbe oggi Milano la città del
sogno? Eppure, almeno per l’Italia, Milano, anche dopo Schiapparelli,
divenne il porto intermodale
dell’immaginario.
Persino il mitico Thor , lo stupefacente Uomo Ragno, i
fantastici 4 e i loro colleghi della
Marvel hanno dovuto prendere il tram e
fare scalo in Viale Romagna presso gli uffici della compianta Editoriale Corno.
Asimov, Dick, Bradbury
tutti arrivati nel bel paese grazie a Urania, della milanesissima Mondadori, e anche il
rude “Conan il barbaro” ha dovuto riporre l’ascia bipenne e bussare alle porte
dell’Editrice Nord, all’epoca in via Rubens , per immigrare in Italia .
Senza contare chi dice di vivere a Londra, ma è nato a
Milano come il bonelliano Dylan Dog, per
non parlare di Martyn Mystere , Natan Never etc.
E anche gli sbilenchi e improbabili supercriminali di Alan
Ford, millantati newyorkesi , hanno in
realtà radici e pedigree in case di ringhiera , in fabbriche di Sesto San
Giovanni degli anni 60.
Primo fra tutti Super Ciuck ispirato al portinaio, “semper ciuck”,
di Luciano Secchi, autore appunto di Alan Ford. Superciuck spazzino di belle di speranze e maniaco
dell’ordine, mentre ramazzava la strada presso una fabbrica di vino , fu investito da un getto di vino adulterato e assunse i “superpoteri” alcolici ( fiatata micidiale,
forza e brio). Novello crociato dell’ordine, Superciuck, in maschera cappa, pancera e
scarpe da tennis usa i suoi poteri per rubare ai poveri, che sporcano, per poi
donare la refurtiva ai pulitissimi ricchi. Povero Superciuck ,venisse a Milano
oggi forse avrebbe qualche crisi di identità.
Si è vero anche Satanik e Diabolik, nonostante le desinenza
in k sono meneghini, metafore imprenditive
di quella voglia di “rubare”, con eleganza e calza maglia, mercati alle ben più blasonate economie nord europee
e statunitensi
Si perché in fondo il
tema del sogno, dell’avventura non è poi
troppo distante da quello del pensare l’impresa, l’immaginazione da quello del progettare e
quindi del fare. Fellini una volta disse
a Tonino Guerra “ricordati sopra il pensiero, sopra di tutto….
c’è l’immaginazione..”
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